Atterrando ad Auckland il 3 febbraio 2014 ha finalmente inizio la mia avventura “kiwi”
Per i primi due mesi sono stata ospite di una coppia di ragazzi che avevo conosciuto durante il mio precedente viaggio di lavoro in Nuova Zelanda. Karla e Simon sono stati eccezionali fin da subito: mi hanno aperto le porte di casa senza praticamente sapere chi fossi.
Questa è una caratteristica che spesso ho ritrovato nei neozelandesi: non hanno alcun problema nell’offrirti un letto e un tetto dove stare. Hanno un concetto diverso di “casa” rispetto a quello a cui ero abituata, poiché mia mamma è sempre stata gelosa delle sue cose e della nostra intimità quasi da non volere nessuno tra i piedi, tanto meno a dormire! (Un po’ è migliorata comunque. Lo scrivo sennò chi la sente dopo…?).
Karla e Simon non solo mi hanno offerto una super sistemazione, ma sono stati anche la mia prima “famiglia” neozelandese. Le prime gite, i consigli su come muovermi in paese, la cena tutti assieme alla sera, una parola e un gesto di conforto quando la nostalgia si faceva sentire… Mi hanno aiutata tantissimo ad integrarmi, a conoscere persone nuove e a svagare la mente nei momenti di difficoltà.
Un altro grandissimo appoggio l’ho avuto da Graeme e Alison, una coppia di mezza età di origine inglese, emigrata in Nuova Zelanda ormai più di vent’anni fa. Anche loro non si sono risparmiati con gli inviti a pranzo e a cena, con il supporto morale e in particolar modo con la ricerca di un lavoro. Ma questo ve lo racconterò dopo!
Malgrado abbia ricevuto tantissimi aiuti, i primi mesi non sono stati affatto facili
Le giornate, soprattutto quelle infrasettimanali, trascorrevano lentamente, alla ricerca sfrenata di un’occupazione e di un passatempo. Il problema principale è il tipo di visto: la “working holiday visa” non ti permette di lavorare per più di tre mesi consecutivi per lo stesso datore di lavoro, per cui ambire ai ruoli che svolgevo in Italia era quasi impossibile. È così che pur di fare qualcosa ed iniziare a guadagnare qualche soldo, sono andata a Warkwarth, luogo rinomato per la produzione di vino a nord di Auckland.
Sia sotto il sole cocente, sia con la pioggia battente mi sono messa a potare la vite per 8 euro l’ora. A dire la verità non ho resistito a lungo, poiché la sistemazione era in una baracca fatiscente, gestita da un maori alcolizzato (e non solo…) e assieme ad altri 10 backpackers in uno spazio di 70 mq. Inoltre, le condizioni igienico-sanitarie facevano pena. Tutto sommato mi sono però divertita e ripensandoci ora mi scappa pure un sorriso! Per di più durante questa esperienza “hard”, ho conosciuto quella che sarebbe in seguito diventata un’amica di avventure, Mariana dall’Argentina (leggete qui). Tornata quindi “all’ovile” da Karla e Simon, sono andata a chiedere lavoro a Noel, il titolare del ristorante italiano “Alpino” di Cambridge.
Ah già! Non ve l’ho ancora detto! La mia casa in NZ è stata Cambridge
È una cittadina di 19.000 abitanti situata nell’Isola del Nord nella regione Waikato.
Insomma, Noel mi ha assunta dandomi un grosso sollievo ed è così iniziata la mia esperienza da cameriera. Stanchezza a parte, mi è piaciuto un sacco descrivere i piatti e i vini italiani e promuovere la nostra cultura. Ci si sente molto più patriottici all’estero che in casa propria! In Nuova Zelanda hanno generalmente una buona considerazione dell’Italia: ho sempre trovato persone curiose, interessate ed estimatrici del Bel Paese. Di noi ammirano la storia così antica e travagliata, le molte tradizioni, il senso di famiglia oltre che il buon cibo e le arti. Spesso si meravigliavano che io fossi venuta qui, in una terra molto “giovane”, lontana e diversa dall’Europa, in cerca di fortuna.
Chissà se l’avrò trovata questa fortuna…?