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Marco Felluga

Marco Felluga racconta la sua storia e il suo vino

da Sara

A Russiz Superiore Torzeando incontra Marco Felluga, suo figlio Roberto e la nipote Ilaria

Che emozione conoscere Marco Felluga, punto di riferimento dell’enologia friulana nel mondo! Cosa gli si può regalare, visto che ha compiuto da poco novant’anni? Cosa gli si può chiedere per non essere banali? Le risposte in questa chiacchierata – più che intervista – torzeona con Marco Felluga, il figlio Roberto e la nipote Ilaria.

S: Per prima cosa, il suo regalo: la maglietta di Torzeando! Guardi che è “da battaglia”, va bene per andare a lavorare in vigna!

M: Bella! Grazie! Mi piace Torzeando, ottima idea! Bisogna promuovere il nostro Friuli Venezia Giulia in Italia e nel mondo. Il nostro mestiere è il dialogo!

Roberto Felluga con Sara de Colle

Un regalo anche per Roberto!

S: Mi racconta le sue origini?

M: Il mio bisnonno era contadino, possedeva dei terreni ad Isola d’Istria. Mio nonno viticoltore ha iniziato a produrre Refosco e Malvasia, vini istriani già rinomati ai tempi dell’Impero austro-ungarico. Nel 1920 mio padre Giovanni espande il mercato e va a vendere il vino con la barca a Trieste e a Grado. Nel ’38 apre una cantina a Gradisca d’Isonzo ma poco dopo…arriva la guerra. Mio fratello maggiore Livio è chiamato alle armi e tornerà nel ’46. Io giocavo con gli amici a nascondino in cantina, tra le botti. In seguito abbiamo perso tutto…(il signor Marco si ferma ed è chiaro che non ne vuole parlare. Ma quando andremo a pranzo, in perfetto dialetto istroveneto, mi confida: “me piasi i dondoli e i scampi crudi e…il mare”. L’Istria è nel cuore).

Finito il liceo sono andato a studiare enologia a Conegliano e poi sono tornato a casa a lavorare con Livio. Nel ’56 ci siamo divisi: lui è andato a Brazzano ed io sono rimasto a Gradisca. È stato un bene separarsi, perché tutti e due ci siamo dati da fare e ognuno ha seguito la propria strada.

S: Che consigli dà per capire se un vino é buono?

M: Bisogna abituarsi ad assaggiare un vino e non a berlo. Si sente subito in bocca se c’è equilibrio, persistenza; se il vino ha un retrogusto, dei profumi o degli aromi. Lo sente assaggiando: più s’assaggia, più s’impara.

Arriva Roberto Felluga. Brindiamo con un Pinot Bianco 2016 ai novant’anni del padre e ai cinquanta di acquisizione della proprietà di Russiz Superiore. 

S: Qual è il vostro punto di forza?

R: Vivere in questo ambiente. Il terroir è una parola francese che non può essere banalmente tradotta in “territorio”, in quanto il concetto è molto più complesso. È la sintesi tra terreno, microclima e abilità dell’uomo. Russiz Superiore – che è zona di cru – si trova tra le Prealpi e le Alpi Giulie, a mezz’ora dal mare e dalla montagna. Il punto di forza è il fatto di essere legati ad un’area. Viviamo in un mondo globalizzato e a volte si lasciano da parte le origini. Invece qui la filiera è locale, si parte dalla vigna per arrivare al consumatore finale. Siamo piccoli, degli artigiani.

Sara de Colle intervista Marco e Roberto Felluga

S: Da viticoltori, dipendete dalle regole della natura…

R: La questione ambientale è diventata un’operazione di marketing, invece dovrebbe esserci una presa di coscienza da parte dei produttori. Dobbiamo fare qualcosa. Noi potremmo ottenere la certificazione come vino biologico. Facciamo agricoltura integrata e biologica. Da dodici trattamenti siamo passati a farne solo due, vogliamo essere ecosostenibili. Però bisogna andare oltre: il biologico non basta perché ad esempio il rame – che è un metallo pesante – è tollerato, ma non dovrebbe far parte di una coltura sensibile all’ambiente.

Ci vuole coerenza, linearità. L’etica è il punto centrale: o ce l’hai o non ce l’hai. L’annata del 2014 per molti è stata negativa. Noi abbiamo usato delle pratiche derivate dall’esperienza – come la sfogliatura per aumentare la ventilazione – senza stravolgere la vite. E ci è andata bene.

Ora anche Ilaria è dei nostri. Sta studiando enologia e vorrebbe fare la doppia vendemmia in un anno, andando nei due emisferi. “Allora vai in Nuova Zelanda!” le ho subito suggerito (qui scoprite il perché le ho proposto proprio questo paese).

Mi siedo accanto al signor Marco e parliamo della terra dei kiwi che ha entusiasmato entrambi. “Pescano le aragoste come da noi le canoce e tutti possiedono un cavallo e una barca. Bellissimo!”

Sara de Colle intervista Marco Felluga

Facciamo due chiacchiere sulla Nuova Zelanda

S: Quest’anno com’è andata?

R: Se chiedi ad un vignaiolo com’è andato l’anno, ti risponderà sempre bene! Posso dirti che il 2018 sarà ancora meglio. Sono tre anni che ci troviamo di fronte a delle vendemmie molto interessanti. Tocai (faccio difficoltà a chiamarlo Friulano), Pinot Bianco, Pinot Grigio, Ribolla…metterei la firma per avere delle annate così!

S: Quali sono i vostri mercati principali?

R: Gli Stati Uniti in primis, seguiti dalla Russia e dalla Germania. Ma poi Inghilterra, Australia ed Estremo Oriente, soprattutto Singapore. Siamo presenti quasi in una cinquantina di paesi.

S: Il vino in passato era una “medicina”, un corroborante. Cosa rappresenta invece oggi?

M: Il vino nasce come alimento, il fiasco era per il padrone di casa che doveva avere l’energia per lavorare. Ai tempi dei greci e dei romani il vino era un vezzo, un godimento. In seguito è diventato uno stile di vita, un piacere che ha avuto un’evoluzione prima “di massa” e poi con l’arrivo dei conquibus si sono pretese la bottiglia, la varietà e la qualità. Oggi non ci si accontenta più di “un bianco” o di “un rosso”, ma si cerca la qualità. Noi qui abbiamo un’influenza austriaca, non seguiamo gli uvaggi francesi. Il nome del vino porta il nome del vitigno, per cui si parla di monovitigno.

S: Ultima domanda signor Marco: qual è il suo sogno nel cassetto?

M: Il mio vino per quasi tutta la vita è stato il Tocai. Poi è successa la tragedia con l’Ungheria…adesso sono passato al Pinot Bianco, un vino per me importante che però trova “il muro” del Pinot Grigio. Il Bianco non ha il mercato che si merita perché è un vino molto, molto buono. Il mio sogno nel cassetto è di mettere assieme un gruppo di produttori di Pinot Bianco e cercare quindi una via giusta per reclamizzarlo.

Scendiamo nella cantina storica assieme a Camilla che si occupa delle relazioni pubbliche e che lavora in Marco Felluga da quasi tre anni. Per lei Russiz Superiore è la sua seconda casa e la famiglia Felluga è la sua seconda famiglia. 

Saluto il signor Marco Felluga con una stretta di mano per suggellare una promessa: ci vediamo alla prossima vendemmia! La maglietta da lavoro con scritto sopra “Torzeando” è pronta. 

www.marcofelluga.it

2 commenti

Stefano Tomada 02/01/2018 - 10:07

Finalmente sono riuscito a leggerlo Sara. Intanto Buon Anno 2018 a te ed a tutta la community di Torzeando. Intervista molto interessante, è stato toccato con delicatezza un tema che mi sta a cuore e che qui da noi è sempre stato messo sotto il tappeto (come la spazzatura): i profughi dell’Istria e della Dalmazia. Pensa che ne ho trovati perfino ad Ushuaia, alla fine del mondo. Poi mi ha colpito molto quando il sig. Felluga si è definito un artigiano, come tanti altri nella zona. Vuol dire che si sente integrato con il territorio, con la gente, con la cultura del posto. In pratica è uno di noi.

Risposta
Sara 03/01/2018 - 12:05

Buon 2018 Stefano a te, Elisabetta e Ricky! Innanzitutto, grazie mille per il tuo commento. Hai ragione, il tema dei profughi dell’Istria e della Dalmazia è tanto interessante quanto vergognosamente evitato e dimenticato. Avrei voluto parlarne di più con il signor Felluga…spero ci saranno altre occasioni per farlo.
Un abbraccio e grazie ancora, Sara

Risposta

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