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Rocca di Monfalcone

Monfalcone: molto più di un cantiere navale

Un museo unico al mondo, un villaggio operaio vivo, la rocca medievale, il maggior parco tematico d'Italia sulla Grande Guerra e biotopi dove immergersi nella natura

da Sara

Monfalcone si trova in linea d’aria tra due famose perle del Friuli Venezia Giulia: Grado e Trieste. Spesso un po’ snobbata dal turista, merita trascorrerci almeno una giornata per visitare le tante risorse che vi si trovano. Andate avanti nella lettura che vi spiego nell’articolo il perché.

Vi racconto:

  1. della “città nella città” sorta ad inizio ‘900 e tutt’oggi attiva;
  2. del museo incomparabile nel suo genere in Italia;
  3. di una visita ad un cantiere navale unico al mondo;
  4. del castelliere che ha resistito nei secoli a molte battaglie;
  5. del Carso e del principale fronte della Prima Guerra Mondiale;
  6. di passeggiate ed escursioni in canoa;
  7. di itinerari da fare in bicicletta partendo da Monfalcone.

Venite con me dunque a scoprire questa città giuliana e poi ditemi nei commenti se vi ho incuriosito ad andare a vedere Monfalcone.

1. Rione di Panzano

1.1 – La visione dei Cosulich

Partiamo proprio dal villaggio operaio di Panzano che come vi ho accennato è una vera e propria “città nella città”, indipendente e al servizio dei lavoratori dell’allora Cantiere Navale Triestino. I fratelli Callisto ed Alberto Cosulich, armatori originari di Lussino, importano nel 1907 a Monfalcone la tecnologia inglese. Essi costruiscono dapprima le proprie navi in Scozia e poi trasferiscono nel 1908 il primo piroscafo a Trieste. Imprenditori lungimiranti, portano con sé il direttore del cantiere e 200 operai di alta professionalità. Accanto ad essi si aggiunge la manodopera locale isontina, friulana, slovena, bisiaca,  lussiniana, quest’ultima famosa per i propri maestri d’ascia.

Questo importante cambiamento per la città di Monfalcone – che all’epoca era solo un paese – ha bisogno di abitazioni che siano da un lato vicine alla fabbrica, dall’altro utili e al servizio degli addetti del cantiere e delle loro famiglie. Le prime case del 1908 – che purtroppo oggi non esistono più – erano semplici dormitori per gli addetti e servivano ad alloggiare gli operai inglesi e lussiniani. In seguito si iniziano a costruire residenze che rispecchiano il ruolo della visione del paternalismo industriale italiano d’impronta inglese.

Dopo la tragedia della prima guerra mondiale che ha distrutto Monfalcone ed anche il cantiere, nel 1918 inizia una lenta ripresa economica e contestualmente la vera ricostruzione del quartiere di Panzano. Nel 1927 grazie all’operato dell’ingegner Dante Fornasir si inaugurano nuovamente il cantiere con le officine ed altre architetture straordinarie. I Cosulich riescono ad instaurare relazioni politiche ma soprattutto reali nel mondo del commercio: la compagine operaia viene integrata da nuove manovalanze, vengono costruite le ville dei dirigenti ed i servizi annessi. Fornasir è il progettista di Panzano: Panzano rispecchia i villaggi operai inglesi, rispecchia l’eclettismo dell’epoca, con le novità tecnologiche, gli elementi del barocco, viene sperimentato per la prima volte l’uso del calcestruzzo armato. Ogni villa ha il proprio stile architettonico che sottolinea la forza innovativa di chi abita a Panzano.

La struttura del quartiere rispecchia lo schema gerarchico della produzione in azienda: la villa del dirigente è unica e bellissima con ampi spazi.

Villa a Panzano

Una villa dirigenziale di Panzano

Le case degli impiegati meno elaborate ma altrettanto belle e poi quelle degli operai specializzati e degli operai generici: ogni casa è diversa in relazione alle funzioni aziendali.

case degli operai Panzano Monfalcone

Le case operaie

La maggior parte degli operai era costituita da contadini abituati a vivere in ambienti angusti ma a Panzano hanno trovato una casa indipendente con un bagno interno privato e l’acqua potabile, l’energia elettrica ed i servizi aggiuntivi di cui vi parlerò fra poco. Ogni casetta ha anche l’orto giardino per concedere un minimo svago e una fonte di sussistenza. Non a caso Fornasir nomina questo rione “città giardino”. Il quartiere di Panzano è un’ambizione sociale, diventa una città modello di riferimento per l’esterno.

1.2 – La vita a Panzano

Tra i tanti servizi vengono messi a disposizione anche due alberghi: quello per gli operai celibi composto da 720 stanze e quello per gli impiegati. Questi alberghi hanno anche una funzione non dichiarata: essendo di proprietà dell’azienda diventano uno strumento per legare a doppio filo i dipendenti: perdere il lavoro equivale a perdere la casa. Così la fabbrica e il villaggio operaio sono allo stesso tempo un luogo di grandi conflitti  – nel 1920 iniziano le tensioni sociali e le lotte operaie – ma anche un luogo di confronto che getta le basi per una lezione importante di democrazia.

Un altro aspetto fondamentale della vita a Panzano è legato allo sport: lo stadio dedicato a Costanzo Ciano fa riferimento al linguaggio architettonico dell’epoca tra il 1924 e il 1925: nazionalismo e razionalismo simbolista ispirati dal regime fascista. I torrioni sembrano dei fasci littori con la parte superiore illuminata a ricordare dei fari o delle torce olimpiche. Una curiosità che forse non sapete: gli inglesi portano il football a Monfalcone ad inizio XX secolo. Un piccolo centro commerciale per lo svago e per l’aggregazione ed un teatro, dove si svolgono spettacoli di ogni genere e dove si contribuisce all’alfabetizzazione, completano il quadro della cittadina in questo periodo a cavallo tra le due guerre.

1.3 – Panzano oggi

Panzano è un patrimonio VIVO, non sarebbe giusto musealizzarlo perché le case sono dei panzanini che le hanno riscattate dal cantiere a partire dagli anni ’80. Mi ha fatto riflettere il monumento posto in piazza e dedicato a quanti sono stati colpiti e sono morti a causa dell’amianto (utilizzato in passato nella costruzione delle navi) che, aspirato e depositato nei polmoni, può evolvere in asbestosi anche 40-50 anni dopo l’esposizione. TUTTI erano esposti all’amianto: i vestiti erano fatti di amianto per proteggersi dal fuoco. TUTTI hanno respirato l’amianto. È importante parlarne anche in considerazione del fatto che il picco della malattia sarà raggiunto probabilmente in prossimità del 2035.

A fianco della piazza c’è un altro monumento importante, quello alla lotta di liberazione partigiana. Costruito negli anni ’70 è scritto in italiano e sloveno: un monumento bilingue sorto in piena cortina di ferro che parla di una comunità e che non a caso è stato posto davanti alla fabbrica.

Monfalcone monumento alla Resistenza

Monumento dedicato alla Resistenza

2. MuCa, l’unico museo italiano dedicato alla cantieristica

Inaugurato nel 2017, il Museo della Cantieristica di Monfalcone si trova all’interno dell’ex albergo per operai celibi. Si chiama museo della cantieristica perché qui vennero costruite non solo navi ma anche e soprattutto 1800 tra aerei e idrovolanti, treni, sommergibili, filobus, autobus, biciclette. Dal 1990 nel cantiere si costruiscono solo navi e poi dal 1995 solo navi da crociera.

2.1 – Struttura del MuCa

Il MuCa si compone di 15 sale che illustrano un secolo di storia. È diviso in quattro aree tematiche e ha le più moderne tecnologie multimediali ed interattive per farvi vivere un’esperienza immersiva. Visitare il MuCa ed ascoltare le spiegazioni degli addetti al museo fa riflettere e conoscere una realtà industriale rilevante ed è adatto a grandi e piccini.

Cosa vedere a Monfalcone: il MuCa

Queste le aree tematiche:

  1. la storia di una città fabbrica, il Welfare aziendale e le guerre;
  2. il cantiere e l’idea imprenditoriale che ha evoluto un territorio;
  3. la tecnica e la costruzione nel cantiere;
  4. il design di interni e la grande arte sulle navi e sul territorio.

2.2 – Il teatro e Vito Timmel

Bellissima la ricostruzione 3D del teatro andato distrutto nel 1945: ricostruzione che è stata possibile realizzare grazie al ritrovamento dei decori a fasce di Vito Timmel. Essi sono esposti in due sale e – grazie al sapiente restauro – sfoggiano dei colori vivi e sgargianti. In queste tele ritroviamo gli elementi della Secessione Viennese che facevano parte della corrente pittorica seguita da Timmel.

2.3 – L’operaio artista

Un’altra sala che merita particolare attenzione è quella dove potete ammirare come si costruisce una nave. Marcello Mascherini ha creato una vera e propria opera d’arte dimostrando che l’operaio è sì un artigiano ma è soprattutto un artista.  L’opera illustra il procedimento della chiodatura e la lavorazione che veniva prima e dopo gli anni ’30, cioè prima e dopo l’avvento della saldatura nel 1934.

2.4 – Zoran Music e il suo racconto

L’architetto e designer Gustavo Pulitzer Finali nel 1951 chiede al pittore ed incisore Zoran Mušič di decorare la sala da soggiorno della nave. Mušič è il più grande artista dell’arte contemporanea slovena. Egli realizza un fumetto, assieme a sua moglie Ida Barbarigo Cadorin, in cui unisce immagine e testo.

Racconta il viaggio di Marco Polo attraverso un ricamo 3D pazzesco utilizzando i quattro punti: quello lungo, quello doppio, a catenella e ad erba. Il pannello è completamente ricamato a mano da lui e dalla moglie: tutto, anche i fondali, è creato con questa tecnica . Narrando delle avventure di Marco Polo, che al termine delle sue pluriennali peripezie torna a casa, Mušič ci invia un messaggio che dice che tutti noi siamo dei migranti: siamo in una nave e navighiamo con la consapevolezza che c’è sempre la speranza di tornare a casa. C’è la speranza nel viaggio del migrante del dopoguerra; quelli partiti negli anni ’50 e ’60 spesso sono tornati in patria.

Zoran Music

La visita al MuCa è per tutti: al sito Museo della Cantieristica trovate tutte le informazioni anche quelle relative alla visita del rione di Panzano. Se preferite chiamate lo 0481 494901.

3. Cantiere navale Fincantieri: da vedere assolutamente a Monfalcone

Su prenotazione potete anche visitare l’interno dei cantieri navali della Fincantieri (trovate il calendario e le indicazioni sempre sul sito del MuCa) dove a partire dal 1995 avviene la produzione delle sole navi da crociera. Si tratta dell’unico cantiere navale AL MONDO in grado di costruire tre navi da crociera contemporaneamente da 170.000 tonnellate l’una: una nave si trova in bacino, un’altra in banchina e la terza è suddivisa in blocchi nelle aree adibite. La realizzazione delle navi segue una linea di produzione retta, ovvero, a partire dalla lamiera grezza che viene lavorata nella linea robotica di saldatura, si prosegue passo passo fino alla creazione dei blocchi e delle sezioni per poi arrivare al bacino dove vengono completate. Pensate che, tra lavoratori diretti ed indiretti, possono trovare impiego anche 8000 persone al giorno nei momenti di consegna della nave!

Tutto è studiato ed organizzato per costruire una nave nel minor tempo possibile con il minor costo possibile. Ci vogliono 18 mesi per portarne a compimento una ed è davvero un tempo record. La nave è in acciaio ed alluminio, le scialuppe sono completamente autonome: si sganciano da sole e raggiungono in autonomia un punto gps predisposto sulla mappa perché non è detto che ci sia qualcuno in grado di condurle. Ci stanno 300 persone in una scialuppa e viste da fuori sembrano minuscole!

Il 90% delle navi da crociera è composto da cabine esterne balconate e questo non è un caso: le navi da crociera non sono fatte solo per navigare ma sono navi nate per essere degli alberghi galleggianti, in cui massimizzare il numero di presenze, il tempo della crociera e naturalmente…gli incassi. Il 90% delle persone acquista la cabina esterna balconata ad un prezzo triplo rispetto ad una cabina interna: l’azienda committente mira a rientrare del costo di costruzione in 10-15 anni al massimo, tempo oltre il quale lievitano le spese di manutenzione per il rifacimento degli interni, ecc.

Un’accortezza da seguire: dentro al cantiere non si può filmare né fare foto per via del segreto industriale (Fincantieri produce il 2% del PIL nazionale…).

Un’ultima curiosità: durante la visita troverete anche un rifugio antiaereo ancora integro!

4. La rocca, simbolo della città di Monfalcone

Potete salire a piedi alla rocca dal centro città o in alternativa con la bella stagione è attivo il servizio gratuito del Rocca Bus. La passeggiata è breve ed immersa nel panorama carsico. Ci sono anche tanti percorsi salute e camminate da fare seguendo la segnaletica apposita. Alla rocca mi ha fatto da guida Andrea, appassionato di storia della Grande Guerra e presidente del gruppo Grigioverdi del Carso. Vi consiglio la pagina Facebook ufficiale dove trovate molte informazioni sulla storia della rocca divisa per epoche ed avvenimenti e gli aggiornamenti in tempo reale sulle visite e le attività che vi si svolgono.

Rocca di MonfalconeNon si sa esattamente quando venne costruito il simbolo della città di Monfalcone: la leggenda vuole che sia stato Teodorico ma non si hanno documenti a riguardo. Di sicuro è che – dopo varie epoche e occupazioni militari – raggiunse il suo massimo splendore e l’odierna configurazione sotto la Serenissima Repubblica di Venezia.

La visita continua con il tour sulla Grande Guerra, poiché dai cammini di ronda si possono ammirare i campi delle sei battaglie dell’Isonzo, sul San Michele, su San Martino del Carso e su Doberdò del Lago. Con il cielo terso la vista spazia fino al Monte Canin. Andrea racconta alcuni aneddoti interessanti di questi monti, come ad esempio che il Monte Cosich venne visitato nel 1916 da Alice Shalek, una delle prime corrispondenti donne. Ella cita la rocca nel suo libro “Isonzo Front” dove dice che “bisogna stare attenti perché dalla rocca gli italiani ci vedono”. Parlando di San Martino del Carso e del Monte San Michele Andrea mi dice che sono noti perché vi combatté Ungaretti; sono altresì luoghi di memoria per le truppe ungheresi nonché tristemente famosi per essere stati oggetti del primo attacco con le armi chimiche.

5. Parco Tematico della Grande Guerra

Rimanendo in tema Grande Guerra potete proseguire la visita all’interno del maggiore parco tematico d’Italia sulla Prima Guerra Mondiale. Con una semplice mappa e seguendo indicazioni chiare potete vedere le trincee italiane che scendono dalla rocca e sono orientate verso il monte Cosich. Gli scavi sono iniziati nel 1916 e proseguiti durante tutto il periodo di stasi del fronte. La trincea più famosa, quella Joffre, conserva delle iscrizioni del 1917 vergate dalla famosa brigata Toscana, conosciuta come “Lupi di Toscana”, che combatté a Duino, dove morì Giovanni Randaccio. Tutto intorno è pieno di trincee e di postazioni d’artiglieria. Qui ci sono state le “grandi battaglie”che hanno visto la morte di decine di migliaia di soldati. Potete camminare dentro le trincee e “toccare con mano” la Grande Guerra. Impressionante.

Parco tematico sulla Grande Guerra è una cosa da vedere a Monfalcone

Una trincea del parco

6. Canoa a Marina Nova

Vi parlo ora di attività sportiva e natura a 360°! Con le guide naturalistiche Alice ed Umberto abbiamo dapprima fatto una piacevole passeggiata all’interno del biotopo Cavana che consiste in 67 ettari di biodiversità e specie endemiche. L’attività è  gratuita grazie al progetto Eco Smart del comune di Monfalcone che mette a disposizione guide naturalistiche per accompagnare i visitatori alla scoperta di questo luogo. Questi incontri riprenderanno sicuramente con la prossima primavera, ma tenete monitorate le pagine social di Monfalcone Eventi e del comune di Monfalcone per rimanere aggiornati sulle iniziative che propongono.

Lungo il fiume Cavana, in questo ambiente particolare, stanziano 350 specie di uccelli su 550 che se ne contano in Europa! Si può tranquillamente affermare di trovarci in un importante incrocio bio geografico, in un francobollo naturalistico, in un “luogo di vita” (bios topos).

Il territorio umido della Cavana è conosciuto come “palude della posta” perché gli allevatori pagavano una posta, per l’appunto, per far pascolare il bestiame. E cavane si chiamano le tettoie realizzate a protezione delle imbarcazioni e utilizzate anche per mercanteggiare il pesce. Oltre al fiume Cavana altri corsi d’acqua risorgiva solcavano il territorio, punteggiati lungo il loro percorso da sei piccoli porticcioli. I canali oggi non esistono più, ed il Cavana non sbocca più in mare: ad oggi rimane l’argine litorale restaurato negli anni ’50 per far fronte alle piene dell’Isonzo.

Qui avviene la mescolanza di due ambienti vicini al mare: da una parte la zona di risorgiva con acqua dolce, dall’altra l’entrata dell’acqua salata del mare. Lo si capisce dall’altezza ridotta del canneto e dalla presenza del limonium vulgare conosciuto come i “fiuri de tapo” che cresce proprio nelle zone di barenali e nelle piane di marea.

Biotopo Cavana

Canale Taiada nel biotopo Cavana

Dopo l’istruttiva e rilassante passeggiata potete passare all’azione: salite in canoa per esplorare una porzione del biotopo delle risorgive Schiavetti: si estende per 70 ettari! Si tratta dell’area di risorgiva più ad est del Friuli Venezia Giulia, a ridosso dell’altopiano carsico. La risorgiva è una zona dove le acque che arrivano dall’alta pianura tornano in superficie, nella olla o fontanile o negli occhi d’acqua, che dir si voglia, sgorgando ad una temperatura che va dai 10 ai 13 gradi e che permette lo sviluppo di endemismi floristici come l’eufrasia Marchesetti.

Se pensate di provare l’esperienza della canoa, troverete molte informazioni in questo articolo che avevo scritto in proposito.

7. In bici con partenza da Monfalcone

Potete salire in sella alle vostre bici partendo dalla chiesa della Beata Vergine Marcelliana: la pista è tutta ciclabile e arrivate a Marina Julia.  Da lì prendete la strada sulla spiaggia verso destra e arrivate agli Alberoni a Staranzano. Proseguite sempre su ciclabile per fare una bellissima escursione fino all’Isola della Cona, alla foce dell’Isonzo e alla Valle Cavanata. Vi consiglio di seguire gli amici di Famiglia in bici che descrivono l’itinerario e sono più esperti di me in merito al tragitto esatto da seguire e al mondo della bicicletta in generale.

RINGRAZIAMENTI

Un grazie sentito per avermi fatto conoscere ed apprezzare Monfalcone:

  • al comune di Monfalcone che crede nel lavoro dei travel bloggers;
  • all’ingegner Edino Valcovich e alla carismatica Giulia Norbedo per avermi accompagnata a Panzano e al MuCa;
  • all’appassionato Andrea Ferletic per la visita alla rocca e al parco tematico sulla Grande Guerra;
  • alle guide naturalistiche Alice Sattolo ed Umberto per le informazioni sui biotopi Cavana e Schiavetti e la loro passione per la natura.

Spero che questa guida su cosa vedere a Monfalcone vi sia utile e vi abbia soprattutto incuriosito. Trovate anche un video completo nelle IGTV di Instagram di Torzeando (non dimenticate di seguire il profilo se vi piace!).

Se hai suggerimenti o osservazioni puoi commentare qui sotto e se l’articolo ti è piaciuto condividilo sui social, basta un click!

8 commenti

Francesca 03/11/2021 - 06:39

👏👏👏👏molto bello, seguendo il tuo Consiglio ho fatto anche io il sentiero della grande Guerra e merita sul serio. Grazie

Risposta
Sara 03/11/2021 - 06:45

Mi fa davvero piacere Francesca!

Risposta
Sabrina 03/11/2021 - 06:40

Interessantissimo….
Wooooo🥰
Grazie Sara🌻

Risposta
Sara 03/11/2021 - 06:46

Di niente maestra!❤️

Risposta
Fabio 03/11/2021 - 08:51

Sempre super articoli Sara… quante cose nuove ho scoperto!!un abbraccione e a presto!

Risposta
Sara 03/11/2021 - 09:20

Grazie Fabione! Dai che presto ci vediamo!

Risposta
Chiara 04/11/2021 - 03:06

Bellissimo articolo, complimenti! Mi hai fatto scoprire Monfalcone in veste turistica e non è niente male!

Risposta
Sara 04/11/2021 - 06:18

Ciao Chiara! Mi fa tanto piacere d’aver centrato l’obiettivo: far conoscere Monfalcone al turista. Buona giornata, Sara

Risposta

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